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giovedì 12 marzo 2009

Da 40 anni alla guida dell’UNVS, un mito: Edoardo Mangiarotti

Da “Il Veterano Sportivo”  marzo 2009

Carlo Monti

Famiglia Mangiarotti
Edoardo Mangiarotti ha alle spalle più di settant'anni di matrimonio con la scherma. Lui stesso racconta che a 8 an­ni il padre gli impose il fioretto, un po' per sviluppargli il fisico, molto perché la scherma era il viatico di tutta la famiglia, papa e mamma compresi.
Poi sarebbero venuti i figli, Edoardo, Dario e Mario. Soprattutto i primi due diventa­rono famosi ed in modo particolare Edo, che divenne, al termine della carriera, l'atleta più medagliato del mon­do. Ma noi oggi - al di là delle sue glo­rie schermistiche, tante e stupende, di cui facciamo un riassunto a parte - voglia­mo celebrare i 40 anni di Mangiarotti come presidente della nostra Unione, ot­to lustri consecutivi, senza una pausa, a testimonianza di un impegno, che non viene mai meno.
La sua prima elezione risale al 3 ottobre 1969, al termine di un periodo di reggenza, dopo la tragica morte del presidente di allora, l'ing. Alberto Della Beffa, scomparso in un incidente aereo. Il Comitato di reggenza che gli era succeduto, for­mato dal prof. Achille Cruciali, dal dott. Rodolfo Placella, dal cav. Ettore Rivolta, e dal cav. g.c. Armando Valente, in carica dal giorno stesso della morte dell'ing. Della Beffa, optò per Mangiarotti, allora cinquantenne. In realtà la presidenza della nostra Unione è stata sovente tribolata, per tante ragioni; alla pri­ma, dagli anni 1954 al 1957, Dario Beni e Giulio Saracchi agli onori del... pontificato, successe una commissione esecutiva provvisoria, che du­rò in carica 14 mesi, al termine della quale ritornò presidente Giulio Saracchi per un biennio, sostituito dall'ing. Della Beffa per sei anni, a cui subentrò Ugo Frigerio, medagliaio olimpico della marcia, due ori individuali nella stessa Olimpiade (Anversa 1920), personaggio di grande carisma, scom­parso improvvisamente in seguito ad un malore nel luglio del 1968. Dopo un brevissimo comi­tato di reggenza, tenuto da un altro campione del­la marcia, il cav. Ettore Rivolta, ecco tornare al­la presidenza l'ing. Della Beffa, per meno di un anno, quando scomparve.
Ed eccoci ad Edoardo Mangiarotti
Ci si ammala anche di sport. Gli esempi non man­cano al proposito ed i suoi germi non sono me­no virulenti di altri. Talora il malanno - sempre benefico - dura lo spazio di pochi anni; talaltra per tutta una vita. Fra i tanti personaggi di quest'ultima tipologia noi - senza ombra di dubbio - inseriamo il nostro presidente, Edoardo Mangiarotti, il quale, per quanto ne sappiamo, ha succhiato con il latte materno anche stille di sport. Cresciuto in una famiglia a cui la scher­ma calzava come un guanto di velluto, figlio d'ar­te con i fratelli Dario e Mario, Edo ha impara­to - agli ordini del padre - i segreti per così di­re del mestiere, fra un buffetto d'incoraggiamento ed un fervorino di richiamo ad una maggiore at­tenzione, difficile da osservare quando si è adolescenti e quando da destrorso nato bisognava imparare a tirare di sinistro. Che il maestro - il padre Giuseppe, ex-olimpico - fosse in gamba v'erano mille episodi e mille personaggi a te­stimoniarlo, ma crediamo che del figlio abbia fat­to il suo capolavoro. Quasi ancora ragazzo ha in­dossato la maglia azzurra ed a soli 17 anni è an­dato alle Olimpiadi di Berlino. Non uno dei tanti azzurri che si accontentano della parteci­pazione. Vi tornò con una medaglia d'oro, la prima di una lunga serie, ben trentasei. E quelle di metallo meno pregiato, argento e bronzo, in netta minoranza. Per 25 anni - un quarto di se­colo - è rimasto sulla breccia, fiorettista di gra­zia e spadista di forza, genio senza confini, i quat­tro moschettieri di Dumas messi assieme per rap­presentare questo schermitore dalla faccia d'an­gelo e dal colpo assassino. Questo - a nostro giu­dizio - è stato Edoardo Mangiarotti nelle vesti di schermitore: si è sempre nutrito di pane e scher­ma, scarso il companatico per restare in forma. Attraverso 5 Olimpiadi, perdendone due per i no­ti fatti bellici (1940 e 1944), undici campionati mondiali. mille e mille gare e challenge, gio­chi e manifestazioni universitarie, ha sempre re­so grande il nome dello sport italiano, senza mai porre limiti alle sue imprese.
Da atleta a dirigente a giornalista
Il 7 aprile scorso il nostro presidente ha compiuto 90 anni. Un bel traguardo non v'è che dire, non certo differente ai moltissimi già trascorsi. Ma ancora sulla breccia, se è pur vero che è anche il pre­sidente onorario (assieme al presidente del Coni Petrucci) dell'associazione, che, brevemente ri­assumeremo in Aio (Associazione Italiana Olimpici), offrendo non una annoiata presenza, ma un contributo efficace in idee, proposte, pro­grammi, che lo rendono indispensabile. Smessi i panni dell'atleta, Mangiarotti non ha ab­bandonato lo sport. Si è trasformato in dirigen­te, con lo stesso impegno, con la identica capar­bia volontà perché traguardi egualmente impor­tanti non venissero mai meno. E perché la scher­ma avesse eredi non meno importanti di lui. Ha creato una scuola, una palestra, attualmente di­retta dalla figlia Carola, che ha partecipato a due Olimpiadi (Montreal e Mosca) ed ai Giochi Universitari e del Mediterraneo, conseguendo po­sti d'onore, dove non viene soltanto insegnata la tecnica del gesto (anche se eccellenti maestri, italiani e stranieri, ne facevano parte), ma l'etica del comportamento, l'essenza dell'atteggiamento. E, poi,- il dirigente, appassionato ed obiettivo, equi­librato e sereno. Presidente dell'Associazione Amova (Medaglie d'Oro al Valore Atletico), ha sempre risposto alla chiamata di tantissimi diri­genti veterani, pronto ad ogni richiamo, ligio al principio di volere essere sempre il primo, anche nello spirito di sacrificio. E' stato anche giorna­lista militante, preciso nei suoi resoconti, come lo era stato nelle stoccate accusate dagli antago­nisti. Ha scritto anche due libri, dedicati al suo sport, sempre con lo stesso affetto di ogni suo gesto che riguardi la scherma. Uno spirito eclettico, mantenuto nel corso degli anni, dall'adolescenza fino a questa soglia che ha raggiunto, i 90 anni. Che è pure un traguardo pre­stigioso, raggiunto con l'identica allure degli anni giovanili, con la medesima costanza di quando - per ore e ore - in palestra cercava il col­po vincente da trasmettere in gara; con la forza morale di chi lo sport lo ha amato senza un attimo di sospiro, lo ha servito, con distacco, senza cercarvi altri fini se non la meta della vittoria. Meta raggiunta tante volte con il fioretto e la spada, con la delicatezza di un Aramis o l'affondo di Porthos, più di ogni altro atleta italiano. Un compendio di attività, dedicata allo sport, che non trova riscontro non solo in Italia ma anche fuori dai no­stri confini.
Protagonista, sovente, di gesti, che, indubbia­mente, ne qualificano la nobiltà del carattere, citiamo la donazione fatta al Museo di Losanna del fioretto e della spada con le quali vinse le ul­time medaglie d'oro alle Olimpiadi romane del 1960. Dal Coni Mangiarotti in data 2001 è sta­to designato l'Atleta Italiano del Secolo. Ed a com­pletare la lunga serie di benemerenze ricevute nel corso della sua vita, la Regione Lombardia gli ha concesso il Sigillo Longobardo con la seguente motivazione: Simbolo della scherma e dello sport italiano, Edoardo Mangiarotti, erede e grande interprete della tradizione sportiva di famiglia, è noto in tutto il mondo come uno dei più straordinari campioni della storia di quest’'arte sportiva, come maestro di generazioni di campioni e come apprezzato dirigente del movimento schermistico internazionale. Vincitore di sei titoli olimpionici, di tredici mondiali, stella d'oro al me­rito sportivo del Coni, membro d'onore della Federazione Italiana ed Internazionale di Scherma, Edoardo Mangiarotti ha trasmesso la sua disci­plina, la sua dedizione e l'eccezionale esperien­za tecnica e umana ai giovani del suo Circolo di Spada In 50 anni di attività gli allievi di Mangiarotti hanno conquistato 29 titoli olimpici, 43 cam­pionati del mondo e 19 campionati italiani". Un altro riconoscimento attribuitogli è il Challenge Chevalier Feyerick, assegnatogli nel 1955 con questa dedica: "Schermitore eccezionale, nel corso della sua lunga carriera, ornata dai più bei suc­cessi, non ha mai cessato di dare esempio di magnifiche qualità morali e fisiche, avendo sapu­to armoniosamente sposare all'efficacia di una scherma purissima l'eleganza di un comportamento sempre sportivo". Nel 2000 il Cio gli ha confe­rito l’Ordre Olimpic, massima onorificenza dell'Ente Internazionale. Nel 2004 il Coni, consegnatogli ufficialmente dal Presidente della Repubblica on. Carlo Azeglio Ciampi, gli conferisce la massima onorificenza: "II Collare d'Oro al merito Sportivo e dirigen­ziale". È evidente che dovendo parlare di Mangiarotti presidente, che affianchiamo da 28 anni, in seno alla nostra Unione, potrebbe sfuggirci qualche fra­se retorica. Cercheremo di fronteggiarla e di evi­tarla. Il fatto è che ci troviamo di fronte ad un per­sonaggio non comune, che può mostrarci centi­naia di benemerenze, una più importante dell'altra, nazionali e più ancora internazionali, tut­te ampiamente meritate. Ma, in modo particola­re, può vantare anche idee e progetti non comuni, come quel Fondo di Solidarietà, che prospet­tò nel lontano 1982 e finalmente portato a Legge dello Stato da Mario Pescante con la Legge Giulio Onesti, che assegna un vitalizio di un massimo di 15 mila euro, ogni anno, a cinque atleti del recente passato che si trovano in stato di necessità economica Un ambito e atteso traguardo che ha gratificato il nostro presidente per l'impegno sportivo ed uma­no devoluto alla causa.

Le foto pubblicate su questo numero de II Veterano Sportivo e riguardanti Edo Mangiarotti sono state gentilmente offerte da Omega Fotocronache di Vitaliano Liverani, che ringraziamo sentitamente