Le sezioni del nostro sito

giovedì 30 aprile 2009

Quel suo sorriso ironico a mezza bocca che ti smontava

di Gaetano Sconzo


Franco Auci
Gentiluomo, amico leale, giornalista dal fiuto raffinatissimo, ex dipendente di un ente pubblico, ricercatore meticoloso ed estremamente corretto da autentico topo di biblioteca, autore di numerose pubblicazioni sportive e non, Franco Auci è stato per quanti lo conoscevano - sono parole che assolutamente non vogliono avere il sapore dell’enfasi - un esempio da seguire.


 Se non altro per la linearità che l’hanno contraddistinto, ma anche per quella sorta di spiccata ironia che traspariva fra le sue labbra sia negli atteggiamenti che nel proporsi con una loquela pacata, sempre appropriata, tanto incisiva. E vorremmo che chi legge non si lasci tentare dal sospetto che post mortem anche Franco è stato insignito gratuitamente dei migliori attributi. Franco Auci era e resta un galantuomo, con i suoi grandissimi pregi ed i suoi rari difetti, che difficilmente potrà essere cancellato sulla lavagna della memoria. Chi scrive, che per motivi e scelte professionali s’è dotato - e lo cura quotidianamente - di un cospicuo archivio sportivo, è stato baciato tre volte dalla fortuna: prima quando negli anni Sessanta ha conosciuto il giovane collega giornalista Auci, poi quando gli si è stretto con grande amicizia sia pure a distanza di un centinaio di chilometri, quindi allorché ha potuto toccare con mano di che pasta fosse fatto il ricercatore bibliografico Franco Auci. Credetemi, pensavo di essere una talpa sempre pronta ad andare a scovare documenti inediti nelle biblioteche di tutta Italia e quasi avrei voluto cucirmi sul petto lo scudetto specifico, ma - quando ho potuto costatare cos’erano le radicali ricerche di Franco Auci - ho dovuto convincermi ad accettare quanto meno il secondo posto sia pure in... area Champions. Franco catturava notizie e curiosità quasi fosse dotato di un sonar specifico unico al mondo e, poiché curiosità suscita curiosità, subito mi bombardava di telefonate chiedendomi o fornendomi chiarimenti, perché nessuna notizia è mai completa, nessun dato può o deve celarne altri reconditi. D’altro canto il suo grande amore per il Trapani Calcio l’ha portato a scrivere libri zeppi di foto e notizie che nessuno al mondo potrebbe ideare; s’è finanche avventurato nella ricostruzione della storia dell’Entello di Erice e della Juvenilia di Trapani, quest’ultima il vero prototipo del calcio che nasce romanticamente quanto spontaneamente sul selciato di un atrio parrocchiale per esplodere a livello federale. E, siccome Franco non sapeva cosa significasse fermarsi o comunque fare tappa, cosa non ti andò ad escogitare? Beh, un’opera unica al mondo: tutto il Trapani nella schedina del Totocalcio, un volume che – ricordando nel loro dettaglio tecnico ed agonistico tutte le partite della squadra granata oggetto del concorso pronostici - è stato anche un ripercorrere momenti storici e cittadini di grande spessore. E non dimenticheremo mai la sua risatina a mezza bocca quando - sfogliando quel singolarissimo prodotto delle sue ricerche – gli demmo del mattocchio, perché soltanto un pedante ricercatore come lui poteva produrre un’opera simile. Sorriso che dovevi andare a pescare sotto le falde del cappello, in quanto Franco non era un longilineo. Ma Franco trovava chissà come il tempo per occuparsi di tante altre cose. Era anche uno dei promotori nella Sicilia occidentale dell’Unione dei Veterani dello Sport. Finanche metteva su periodici incontri- revival fra Trapani ed i vecchi gladiatori della squadra granata. Aveva pure vinto alla lunga la battaglia per l’approccio al personal computer che agli inizi gli era sembrata perduta in partenza. Franco respirava da sempre l’aria ventosa e salmastra di una città ricca di tradizioni e cultura qual è Trapani. Franco viveva a poche centinaia di metri dal vecchio stadio Aula, che aveva visto esplodere nell’ultimo dopoguerra un Trapani ambizioso, velleitario, sbarazzino. Lì, stipato nell’angusta tribunetta lignea, aveva coronato il suo sogno di diventare giornalista. Ne era fiero e ne parlava trasmettendo felicità. Poi, qualche chilometro più su, nel nuovo stadio Provinciale - alla periferia della città falcata, ma topograficamente in territorio già abitativo di Erice - aveva conosciuto il Trapani sovente lanciato verso la serie B, anche se fatalmente stroncato a pochi metri dal traguardo. E lo considerava un muro di filo spinato, eretto dal destino sul cammino dell’amata equipe granata. Basta rileggere le accorate parole contenute nei suoi libri, per rendersene conto. Comunque ribadiamo: per noi resta il grande esempio della sua professionalità e quel benedetto sorrisino a mezza bocca che ti smontava. Per queste sue doti, chi scrive lo ringrazia, certo che in molti si accoderanno.