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mercoledì 18 marzo 2009

Novant’anni in punta di spada

La mia scherma essenziale e perfetta. Mi hanno sfidato due volte a duello, ma si sono ritirati”

Da “Il Veterano Sportivo”  marzo 2009

Claudio Gregori


Edo Mangiarotti
davvero sorridente è bello
avere 90 anni

La spada è magica. Affascina o ferisce. La spada di D'Artagnan, la spada nella roccia, la spada di Damocle. Poi c'è la spada di Edoardo Mangiarottì, il più medagliaio campione dello sport italiano: 13 medaglie olimpiche, portabandiera azzurro a Melboume 1956 e a Roma 1960.Oggi Edoardo Mangiarottì festeggia i 90 anni.
 La sua vita è una fiaba Come incominciò? "Papa Giuseppe era maestro di scherma: Aveva disputato i Giochi di Londra del 1908 nella spada. Io sono un destro, ma mi ha trasformato in mancino. "Voglio impostarti come Lucien Gaudin", mi disse. Io e i miei fratelli, Dario e Manlio, abbiamo cominciato a tirare da bam­bini, a 8 anni. A 17, nel 1936, ho esordito ai Giochi Olimpici a Berlino". Lanciato da Nedo Nadi... "Era il commissario tecnico. Ha lasciato fuori mio fratello Dario, che aveva 4 anni di più ed era campione d'Italia, preferendogli Pezzana. Ho ga­reggiato nella spada a squadre con Comaggia-Medici, Riccardi e Ragno: con la Francia Nadi mi prefe­rì a Brusati e Pezzana. Ho sconfitto Pescheux 3-0, Cattiau 3-0, Dulieux 3-0. Solo con Schmetz, l'u­nico con l'impugnatura anatomica, ho fatto 3-3". Erano i Giochi di Owens e di Hitler. "Ero al­lo Stadio quando Owens vinse il lungo, battendo il tedesco Luz Long. Per gli olimpionici c'era un'area proprio sotto i gerarchi: Hitler, Hesse, Goering... Ricordo come fosse ora che, quando Owens vinse, il Fuhrer imprecò: "Schwein!", "Maiale!". Si alzò e lasciò lo stadio. Considerava i neri una razza inferiore". Long morì combattendo in Sicilia e Owens continuò a scrivere a sua moglie e al suo bimbo. Dopo la guerra andò in Germania a trovarli. "Owens e Long erano amici. Owens era un uomo buono. Era anche amico degli italiani: era sempre da noi al Villaggio. Andavamo insieme nella sa­la di ritrovo a vedere le gare. C'era già la tv via ca­vo". Lei è campione olimpico anche nel fioretto. Quale arma preferisce? "La spada. Gli olimpionici di mio padre sono tutti spadisti". Qual era il suo motto? "Quello che è essenziale, è perfetto". Un motto di Leonardo. “Era più forte lei o Dario?” “Dario era un funambolo. Aveva una scherma più com­pleta, ma portata su bersagli diversi. Io avevo una scherma più lineare. Cercavo di toccare l'a­vancorpo, il braccio e sulla messa in linea degli avversari cercavo il ferro per portare la stoccata al corpo"'. Marcelle Bertinetti ha scritto: "Dario è il lottatore tenace, mobilissimo, aggressivo come il padre; Edoardo è lo stilista impareggiabile...". "Papà ci faceva fare la boxe. Nella sala di via Chiossetto veniva Boine, che era campione italiano di boxe e di spada. Portava Erminio Spalla. Mia madre ha dovuto cucire i guanti per boxare. Ho preso un sac­co di botte, ma è servito. Ho acquisito aggressività, una caratteristica della mia scherma". E il duello? Ha mai risolto una polemica sulla punta della spada? "Sono stato sfidato due volte. La prima da Aldo Nadi. La seconda da un automobilista". E co­me andò? "Il Coni mi aveva premiato con la qua­lifica di campione eccelso. Aldo, che viveva a Los Angeles, era stato premiato con la medaglia d'o­ro, la rimandò con una secca lettera di protesta per la mia qualifica. Sosteneva che spettava al fratel­lo, morto nel 1940. Ci fu un botta e risposta sui gior­nali. Poi, un giorno, Ciro Verratti, olimpionico e giornalista, venne a dirmi: "Nadi ti sfida a duel­lo". Duello alla pistola in un'isola delle Antìlle. Diedi a Verratti la mia risposta: "Edoardo Mangiarottì non ha mai praticato il tiro al piccione". E l'altra vol­ta? "Accadde a Milano negli Anni Cinquanta. Ero con mia moglie sull'Aprilia. Toccai una mac­china col paraurti per due volte. Il guidatore sce­se infuriato. Volarono insulti. "Riceverà i miei padrini", mi disse. Gli diedi il mio biglietto da vi­sita. Lesse il nome. Era un socio del Giardino, al­lievo di mio padre. Mi abbracciò e mi offrì una bot­tiglia di champagne". La sua medaglia più bella? "L'oro di Berlino: a 17 anni presi solo 3 stocca­te. Poi l'oro di Helsinki, perché secondo fu Dario. Se non avesse battuto all'ultimo assalto Léon Buck, avrei dovuto fare lo spareggio...". E quel­la più amara? "Il bronzo di Melbourne. Al barrage ho battuto Pavesi che poi ha vinto, ma, con Delfino, in una parata ho portato il ferro fuori dalla peda­na e il giudice mi ha dato la stoccata". Le tocca­va scrivere per La Gazzetta delle sue vittorie... "E venivo insultato da Brera e Zanetti. "Dove sei stato pelandrone!? Scrivi, che è tardi!". Ero andato alla premiazione...". Punge più la penna o la spa­da? "La spada. È sempre mirata al bersaglio".
Più di tutti.


(tratto da La Gazzetta dello Sport, martedì 7 aprile)

Le foto pubblicate su questo numero de II Veterano Sportivo e riguardanti Edo Mangiarotti sono state gentilmente offerte da Omega Fotocronache di Vitaliano Liverani, che ringraziamo sentitamente